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Senza troppe riflessioni e aspettative,ma con una grande voglia di conoscere, ho deciso di partire per la Tanzania, una delle terre più povere e meno considerate dell’Africa, per raggiungere Mbweni, un piccolo villaggio sulla costa dell’Oceano Indiano, poco più a nord di Dar es Salaam.
Qui il padre passionista Fulgenzio Cortesi di Bergamo ha fondato il Villaggio della Gioia, che festeggia quest’anno i suoi primi 10 anni. E’ un luogo di accoglienza che offre a bambini abbandonati e orfani dell’AIDS l’opportunità di crescere in un ambiente quanto più possibile famigliare.
Non si tratta infatti né di un collegio né di un orfanotrofio che nega creatività e individualità ai bambini ma di un insieme di 7 “case famiglia” che ospitano da 12 a 16 bambini l’una, divisi per sesso ed età. Padre Fulgenzio accoglie bambini di ogni religione dai 3 anni in su e ad oggi è arrivato ad ospitarne ben 120. All’interno del Villaggio della Gioia è stata costruita una scuola primaria, la “Hope and Joy” English Primary School, frequentata anche dai bambini dei paesi vicini. Prossimamente verrà attivata anche la scuola secondaria, di recente costruzione, per permettere ai ragazzi del Villaggio della Gioia di proseguire gli studi.
Durante tutto l’anno si recano qui, come me, molti altri volontari, di tutte le età e di tutte le zone d’Italia, anche se mi è stato detto di essere stata la prima friulana; i volontari si occupano della gestione e del funzionamento interno del Villaggio, svolgendo ogni giorno le più svariate attività. Vivere a contatto con una realtà così diversa dalla nostra, così imparagonabile con la quotidianità alla quale siamo abituati, non avrei mai pensato che mi lasciasse così tanto.
La Tanzania, il Villaggio della Gioia, i bambini, da subito, hanno avuto la capacità di coinvolgermi e di insegnarmi molto. L’atmosfera che si respira, sia all’interno del Villaggio che nelle vie dei paesi è totalmente diversa da quella che comunemente siamo portati ad immaginare possa esserci in un paese estremamente povero e per noi così arretrato.
Con stupore e grande ammirazione mi sono invece trovata davanti a delle persone sì indescrivibilmente povere ma comunque solari, positive, umili e con una grande dignità. Infatti Padre Fulgenzio una sera, parlando con noi volontari, ci ha fatto notare come i bambini e la gente del posto, in qualsiasi circostanza si trovino, anche nel peggiore dei momenti, alla domanda “Habari?”, ossia “come stai?” nella loro lingua lo Swahili, rispondano tutti, sempre, e senza esitazione “Nzuri!”, cioè “Sto bene!”. Le giornate al Villaggio sono sempre state molto impegnate, le cose da fare non mancano mai, eppure questo luogo ha la capacità di ricambiare donandoti serenità e spensieratezza.
È stata un’esperienza molto intensa, ricca, per certi aspetti dura ma assolutamente piena di soddisfazioni, che mi ha fatto tornare a casa con il desiderio di ritornarci presto.
    Martina Pellegrini
       





Ci sono molto modi per aiutare Padre Fulgenzio e i suoi
bambini, per qualsiasi tipo di informazione visitate il sito

www.ilvillaggiodellagioia.it