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Sabato 17 e domenica 18 agosto la comunità di Santa Lucia ha ricordato i cinquant’anni della morte di Monsignor Domenico Comin, Vicario Apostolico per più di quarant’anni in Ecuador. Sabato sera l’Insieme Vocale Elastico ha presentato nella chiesa parrocchiale un concerto intitolato Fiat mihi secundum verbum tuum. Il programma della serata, presentata da don Maurizio, ha avuto come tema conduttore la vocazione ed il “sì” di Maria. Domenica 18 alle 10 la santa messa solenne celebrata dal nostro vescovo Giuseppe Pellegrini, seguita da un rinfresco per tutti i partecipanti. Presenti il sindaco e una folta rappresentanza di salesiani.
Vogliamo illuminare la figura del Gran Pioniero con le parole che scrisse di lui don Rito Cosmo nel 1972, in occasione dell’ordinazione sacerdotale di Padre Luigino da Ros: Il posto d’onore del clero paesano spetta senz’altro a S. Ecc. Mons. DOMENICO COMIN salesiano, vescovo missionario di Mendez in Equatore. Me lo ricordo in una visita fatta al paese (forse nel 1933 per i festeggiamenti a s. Giovanni Bosco) e so di un’altra sua visita quando era parroco Don Gelindo nel 1948. Dall’età di 28 anni (era nato a S. Lucia il 9 sett. 1874) fu missionario in America per un sessantennio, dopo aver combattuto in Eritrea nella sfortunata campagna del 1896 come soldato telegrafista. La sua consacrazione sacerdotale avvenne a Milano nel 1900 per mano del santo cardinal Andrea Ferrari. Cosa facesse in America equatoriale, lo disse al Papa nelle visite a Roma: “Stiamo inaffinado un albero secco”. La Missione tra i Kivari era già stata difficile per i Gesuiti, che ne erano stati espulsi. Lo rimaneva anche per i Salesiani, entrati al loro posto dopo parecchi anni.
Pronta a ricevere ogni servizio, quella gente ancora selvaggia, non ricambiava e non si apriva alla grazia. Ma nel motto episcopale di mons. Comin c’era scritto: “Con l’amore farò la mia conquista”. E i fatti dimostrarono che il Papa Benedetto XV aveva avuto ragione a rispondere: “Verrà giorno che il palo secco fiorirà”. L’ispirazione del nuovo vescovo fu quella di chiamare le suore salesiane. Attraverso l’educazione dei figli vennero conquistati i genitori (molti in punto di morte ricevettero il battesimo per interessamento dei figli). Oggi la missione gode i benefici non solo di ponti e strade costruiti dai missionari con mons. Comin sempre sul posto, ma anche di scuole, laboratori, e di un istituto magistrale che aumenta gli apostoli di istruzione e di conversione tra quella popolazione, ora resa civile e laboriosa. Per dire una curiosità, fu mons. Comin a far portare il grano dalle isole Filippine: ora lo si raccoglie anche quattro volte all’anno. E … il seme spirituale è certamente di più, se il Rettor Maggiore dei Salesiani ha potuto scrivere: “Ho visto affluire alla chiesa con pietà edificante grandi e piccoli, padri, madri, figlioli”.
Non mancarono le onorificenze civili a riconoscimento di un lavoro così meraviglioso, ma le virtù intime del vescovo e del salesiano sono note a Dio. Noi potremo ricavare qualche dato di maggior rilievo quando sarà raccolta in un volume la storia missionaria dei Salesiani in Equatore. Morì sul posto di lavoro il buon vescovo, per una broncopolmonite seguita a un deperimento generale. In pochi giorni, con piena lucidità di mente, senza agonia, è passato al premio eterno il 17 agosto 1963.
    Fabrizio Fucile