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Le maggiori informazioni sull'abbigliamento femminile, dei nostri paesi, nel periodo che va dalla scoperta dell'America e la rivoluzione francese, sono ricavabili dalle doti scritte , nelle quali sono elencati gli abiti che la sposa portava come corredo.
Non sempre abbiamo la sicurezza di che cosa significhino certi termini, dal momento che il capo di un abbigliamento corrispondente è scomparso oppure mutato come aspetto. Nei secoli XVI° e XVII° le donne portavano sulla pelle la "ciamesa" , una specie di camice con una gonna, spesso arricciata in vita, e sopra il "corpet"(corpetto). La "ciamesa" era confezionata soprattutto con lino, "stoppa" e "stopalina" (cioè tessuti ottenuti con la pettinatura del lino o della canapa e della parte scadente della bavella della seta). Ce n'erano anche in "renso" (il renso (da Reims) era un tessuto di lino molto sottile). Poteva essere 'lavorata', con merli e cordelle (nastri colorati o lavorati a fuselli per orlature), oppure 'schietta'. Nel XVIII° secolo le "ciamese" sono per la maggior parte ancora di lino, ma a volte anche in canapa.
Negli inventari di dote, compaiono diverse "ciamese"da un minimo di 4-5 ad un massimo di 20-22. Qualche volta, sopra la "ciamesa"e sotto il "corpet" la donna indossava la "camisiola", più frequente nel XVIII° secolo, una specie di giacchettina corta, fatta di 'saia' ( un tessuto leggero e sottile a tessitura diagonale), di colori variegati, con maniche e non. L'abito vero e proprio era formato dal "corpet" unito alla gonna ma di stoffa spesso diversa, senza maniche. Nel XVIII° secolo il "corpet" era detto anche "comes", che pare essere però anche il nome di una camiciola o di un gilè. Le "manie" (maniche) erano a parte, attaccate al corpetto (forse con legacci), usate maggiormente d'inverno. Erano fatte di tessuti differenti: panno, seta (anche raso), cotone, fustagno.
Spesso erano di colori vivaci. C'erano poi le "sotemanie"(sottomaniche) forse una specie di federe o imbottiture. Il "cotol" (camiciotto) compare solo nei secoli XVI° e XVII°; era solitamente confezionato con tela più o meno grossa o lino ed era soprattutto di color bianco e nero. Per "cotola" non s'intende mai nei secoli XVI° e XVII° la 'gonna', ma qualcosa di simile al camiciotto, di vari tessuti e colori ( bianco e nero, ma anche di colori sgargianti). Difficile è distinguere la differenza tra "veste", "vestura" e "vestido", che spesso sembrano essere sinonimi (ma qualcosa di differenza ci doveva pur essere!). Si ritiene che indichino un abito di vari tessuti e colori con "corpet", spesso senza maniche.Talvolta il nome dell'abito coincideva col tipo di tessuto utilizzato.La "bombasina" era un vestito di cotone leggero, a volte con seta o lino, estivo, solitamente di color bianco o nero, con le maniche di un altro colore, talvolta ornata da strisce di tessuto colorato applicato, da passamanerie o "cordele". La "miedalana", dal tipo di tessuto(stoffa pesante con trama di lana e ordito di canapa, oppure di lana e lino, filata, tessuta e tinta in casa), era un abito di vari colori. Esisteva anche la "miedalanuta"più leggera. La "botana", più comune nel XVI° secolo, di cotone grosso, pare essere stato un vestito da lavoro. La "sartha" (o saia) era un abito di tessuto leggero, con ordito di filato e trama di lana, a tessitura diagonale, in uso soprattutto nel secolo XVI°, in genere di color verde o 'roan' (rosso scuro).
La "rasa" era un abito invernale che prendeva nome dall'omonimo tessuto, un grosso panno di lana. C'era poi lo "thipon", che doveva essere la parte superione della veste, di seta, lana od altro , forse con maniche. Per coprire la gonna si usava il grembiule, di due tipi: il "palegren" e la "traversa".
Il primo più piccolo, copriva solo la parte anteriore della gonna ed era fatto in genere di tela più o meno grossa, chiara, nera o colorata, oppure il lino o 'bombasina', spesso con ricami o merli; la seconda copriva tutta la gonna e spesso anche parte del busto; era di lino o tela a volte lavorata, con merli e cordelle. Elemento fondamentale del vestire femminile era il fazzoletto, di vari tipi. Il "fatholet" era una pezzuola rettangolare, in genere di tela bianca, di lino ma anche di cotone, seta o canapa, più o meno leggera, 'schietta' oppure ricamata od operata, che si portava sulla testa, anche avvolta come turbante, o sulle spalle. C'era poi lo scialle "sial", in genere di lana perché usato soprattutto nella stagione fredda per coprire le spalle, era solitamente tinto in casa ed ornato con ricami e cordelle colorate. C'erano poi i "lentholut, grandi pezzi di stoffa bianca da portare pure sulla testa o sulle spalle, le "tele da ciaf" e le "tele da spale", in genere bianche, di uso simile. Il "velo" era probabilmente in qualcosa differente (per il tessuto? forse seta?).
Il "mantel" era un'ampia pezza di stoppa, di 'bombasina' o di 'renso, forse quadrata, che copriva il capo quando le donne uscivano di casa. Il "mantel" era però anche una tovaglia oppure qualche pezzo di stoffa per uso alimentare.La "velada" è un capo enigmatico. Doveva essere qualcosa che si portava in testa, tipo velo o "fatholet,", visto che era spesso lavorata. Dal secolo XVIII° in poi la "velada" è invece una giacca da uomo.La "petorina" era in genere un triangolo di stoffa pregiata, ricamata e vivacemente colorata, allacciata o abbottonata al "corpet".Al collo c'erano i "baveri" dei fazzoletti da spalle e da collo.Frequenti, soprattutto nelle classi più abbienti, anche i "fatholet da nas" (fazzoletti da naso). Rarissimi (e tardi) i "guanti".
Talvolta compaiono le "thinture" (cinture)di cuoio o più spesso di stoffa. La parte bassa delle gambe era coperta dalle "cialthe" (Calze) in realtà delle ghette di solito di lana ma anche di 'bavela', di colori vivaci. I "calseti" (calzini) dovevano essere più corti e/o più leggeri, Le scarpe di solito erano solo un paio.Per il resto si usavano "thocui"(zoccoli) di legno, 'pianele' e le classiche "S' ciampinele" (mocassini). I rari gioielli erano costituiti soprattutto da orecchini "recins", collane talvolta d'oro o d'argento,spesso con perle. Alle dita la "vera", d'oro o d'argento, ma nelle classi più povere frequentemente d'ottone, senza gemme; più raramente anelli "anei" con pietre più o meno preziose ( turchesi ecc.). Frequenti i pendenti a forma di croce o di cuore anche in metallo prezioso. Sulla testa, oltre a nastri e fiocchi, spilloni "gusele da ciaf", anche d'oro o d'argento, pieni o vuoti. Raramente compariva il "dedal", ossia un ditale per cucire, in argento, una via di mezzo tra l'utensile ed il gioiello.

 

Sull' abbigliamento maschile, mancando le doti, i documenti sono assai più scarsi. Gli uomini portavano una "ciamesa" (camicia), spesso bianca, di tela o di canapa ( seta per i benestanti). I pantaloni "bragons" o "barghesse o braghese" erano di tela bianca, nera, oppure colorata (rosso, verde, turchina ecc.) o a righe per l'estate e di panno per l'inverno; potevano essere anche calzoni corti al ginocchio. Si indossava una giacca "camiciola" colorata di" flanella" o "miedalana" e d'inverno talvolta un gilè, il tutto di solito in colori diversi e contrastanti (verde, rosso, marrone, azzurro ecc.) e con frequente presenza di righe. Ai piedi "cialthe" (calze) di lana o di tela, bianche o colorate, zoccoli " thocui" di legno, raramente scarpe e stivali (questi ultimi solo alcuni benestanti); in testa berretti o cappelli, di panno ma più spesso di paglia. I benestanti, nel XVIII° secolo, portavano la "velada", giacca fino a mezza gamba con falde posteriori, di svariati colori.